
Che cos’è la provincia?, mi chiedevo ieri mentre di sabato a mezzogiorno e mezza mi aggiravo nel parcheggio di un centro commerciale da film di George Romero in cerca di un posto libero in cui lasciare il carrello con cui avevo fatto la spesa. Il posto libero non c’era, perché senza persone in giro anche i carrelli spostati erano pochissimi. Sono dovuta tornare alle scale mobili, accanto all’uscita, dove il carrello l’avevo preso. C’era un signore che vagava come me da un punto all’altro del parcheggio, si è voltato a guardarmi e gli ho detto che non c’erano posti liberi. Lui ha agganciato il carrello nello stesso punto, vicino alle scale, ma prima di andarsene non mi ha salutato. In effetti, perché salutare, siamo in provincia, è vero, ma non ci conosciamo. Prima di andarmene nel parcheggio ho contato sì e no dieci automobili. Alle casse non ho fatto neppure un istante di fila.
Forse è questa, mi sono detta, la provincia, la parte rassicurante della pandemia, il posto dove comunque non fai nemmeno più la fila al supermercato, perché con i negozi chiusi e le serrande abbassate la gente al supermercato non ci va più. E chissà dove vanno, ora, a passeggiare e osservare le vetrine.
Che cos’è la provincia?, mi domando ogni volta che il posto in cui abito, Cassina de’ Pecchi, è sulle prime pagine della cronaca di Milano e nazionale.
Nell’ultimo anno è accaduto almeno tre volte.
La prima, perché un’azienda agricola considerata sostenibile e molto famosa in tutta Milano è stata messa sotto sequestro per caporalato. Nessuno si era mai chiesto come facessero a produrre i loro frutti di bosco, se non con della mano d’opera a basso costo, eppure tutti si sono sorpresi.
Settimane fa invece in paese giravano troupe televisive alla disperata ricerca di qualcuno da intervistare per discutere dell’ordinanza della polizia municipale contro la prostituzione. Se avessi avuto un legame con la politica locale avrei aderito alla protesta femminista di fronte al municipio, ma è difficile scendere in piazza con chi di solito quando vuoi salutare si gira dall’altra parte, e ho rimpianto le belle manifestazioni di città in cui ti confondi in una folla anonima e senti di essere tutt’uno con chi crede nel tuo stesso ideale. La polemica è partita da una notizia piccola che però ha girato il web e alla fine c’è stata pure l’intervista della sindaca in collegamento con Barbara D’Urso. Titoli da cliccare su tutti i principali quotidiani. Certo, non so quanti avessero letto l’ordinanza cercando di capire veramente cosa c’era scritto, in fondo per fare i titoli in prima pagina non serve. La stessa ordinanza prevede provvedimenti anche contro l’accattonaggio, ma questo non mi pare abbia dato fastidio a nessuno.
Ora apro Twitter e trovo sfilze di giornalisti che condividono la notizia dell’apertura di quella che secondo me è un’eccellenza del territorio, o almeno me lo auguro, cioè PizzAut, prima pizzeria d’Italia gestita da ragazzi autistici, finalmente hanno aperto la sede, i lavori di apertura erano rimasti bloccati proprio a causa della pandemia.
Che cos’è, la provincia? Ecco, nell’ultimo anno mi è chiaro, finalmente, che cos’è la provincia: è il vostro luogo dell’immaginazione, il posto in cui accadono solo cose tremende o cose favolose, bellissimi miracoli o orribili mostruosità. L’importante è che la provincia non sia mai un luogo reale, e che sia sempre altrove.