È il 2013 quando in un mattino di agosto, in cerca di una spiaggia dalle parti di Carrara, seguendo cartelli a caso che indicano il mare, finiamo a Marina di Massa. Un posto nuovo e mai visto prima, da osservare con la curiosità di quando si è bambini. Parcheggiamo dove capita. Scegliamo uno stabilimento lì vicino. Poi, una volta preso l’ombrellone, steso il telo sulla sdraio, messa la crema solare, mi guardo bene attorno e alla fine mi volto.
Solo allora mi rendo conto che alle spalle dello stabilimento corre un lungo edificio di due piani, bianchissimo alla luce del sole. Inconfondibile architettura razionalista. Sulla facciata ricompongo le lettere mancanti. Gioventù Italiana, colonia Torino.
In quel momento torna il ricordo di quando da bambina andavo in vacanza in una colonia estiva. “Chissà com’era” mi chiedo subito, “vivere quell’esperienza ai tempi del fascismo.” E in quelle lettere tirate giù dai decenni, in quei vuoti misteriosi e scomparsi, intuisco in un istante che c’è qualcosa da raccontare. Sì, ma cosa?
Teniamola lì, mi dico, quest’idea. Farò qualche ricerca, mi riprometto. Intanto adesso vado a fare il bagno. E magari poi un giorno la cosa che ho appena visto diventerà una storia.